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24 gennaio 2014

architettura italiana

Il post di esordio di questo blog partiva dalla considerazione che l'architettura italiana sta vivendo un (lungo) periodo di difficoltà e soprattutto di poca visibilità internazionale, dovuta sia alla sua scarsa presenza sul nostro territorio che alla sua difficile riconoscibilità
Sono finiti i tempi dell'Accademia (forse anche della militanza politica…) e lo Stato non decide (giustamente) quale linguaggio architettonico si debba adottare, ma in molti paesi europei e non solo, al contrario che in Italia, sembra che gli architetti e il mondo politico, produttivo e culturale si muovano in maniera almeno apparentemente armonica, contribuendo insieme a migliorare l'ambiente urbano proprio attraverso le nuove realizzazioni. 
Per questo motivo, pur condividendo in larga misura le critiche alle “archistar”, colpevoli di aver spettacolarizzato eccessivamente la professione allontanandola dalle persone, direi che la cosa più giusta è valutare l’opera di architettura nel contesto generale, nel suo impatto sulla vita della città e dei cittadini, a volte anche a prescindere dal suo aspetto formale, almeno quando non sia così “indigesto” da diventare fondamentale.