Quando mi sono laureato in architettura alla Sapienza di Roma (nello scorso millennio), esistevano diversi indirizzi che influenzavano gli studi degli ultimi due anni, tra cui quello che ho scelto io, Tutela e Recupero del Patrimonio Architettonico...
Questa scelta ha fatto si che dovessi sostenere l'esame di Restauro Architettonico II. E' stato molto interessante perchè mi sono occupato del lavoro di Giuseppe Valadier a Roma, in particolare di quello per le facciate delle chiese di San Pantaleo e San Rocco e si trattava certamente di opere piuttosto "moderne" per la città di Roma.
Oggi però, avendo raggiunto ormai unottimo livello di sensibilità nei confronti del patrimonio architettonico "antico", di cui certamente anche Valadier fa parte, direi che è giunto il momento di dedicarsi a quello moderno e contemporaneo, anche perchè il superamento del linguaggio "classico", rende molto più complessa la comprensione delle architetture, oltre che il loro rispetto e quindi la corretta conservazione.
Bisogna dire che anche durante il XX secolo Roma è riuscita ad accogliere molti capolavori dell'architettura, ma si stenta ancora oggi a riconoscerne l'importanza.
Basti pensare, a conferma di questo, che uno dei capolavori indiscussi dell'architettura del Novecento, l'Accademia della Scherma di Luigi Moretti a Roma, è rimasto abbandonato per decenni, prima di essere utilizzato come aula bunker e poi abbandonato di nuovo ad uno stato preoccupante di degrado, semi-nascosto alla vista da una recinzione color carta da zucchero. Sembra che per fortuna sia in corso il restauro (non della recinzione...); speriamo bene!
I motivi di questa insensibilità sono molteplici, a mio avviso; la troppa vicinanza storica, la sfiducia innata nella modernità, ma anche e soprattutto una sorta di "tabù" socio-politico, che ha relegato molte di queste opere nell'orbita fascista, se realizzate nel ventennio (a parte pochi casi isolati) e in quella dei "palazzinari" (se realizzate nel dopoguerra). Si sono sempre salvati però, almeno nell'ambito accademico e quindi in "quasi" tutti i libri di teorici e storici dell'architettura, gli interventi di edilizia economica e popolare, molti dei quali realizzati durante gli anni '70 e '80.
Sarei curioso di sapere se esiste ancora oggi qualcuno disposto a sostenere che esista un maggiore disagio, sicurezza personale a parte, a camminare per la città delle palazzine, che per quella dei grandi complessi di edilizia "sociale".
Tema sicuramente troppo complesso da trattare qui, che meriterebbe un post ad hoc.
Tema sicuramente troppo complesso da trattare qui, che meriterebbe un post ad hoc.
Comunque quel che è certo è che oggi è indispensabile per qualsiasi architetto confrontarsi con il patrimonio edilizio del Novecento, indipendentemente dal contesto e dalle scelte politiche che lo hanno generato, perchè il futuro, per non dire già il presente, è proprio nell'intervenire sull'esistente ed in particolare sull'edilizia residenziale del secolo scorso.
Spesso si tratterà di riqualificare interi quartieri, ma anche di riscoprire e restaurare architetture di qualità più o meno conosciute, ma spesso colpevolmente dimenticate e abbandonate a se stesse, per vedere poi realizzare nuove costruzioni, pubbliche o private, senza storia, senza qualità e senza architettura.
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