7 dicembre 2011

Spagna e Italia, così vicine, così lontane

Sarebbe inutile chiedere a Carlos Ferrater, uno degli architetti spagnoli contemporanei più noti e più bravi, se conosce e apprezza l'architettura razionalista italiana della prima metà del Novecento, poichè ha dichiarato lui stesso di essere stato sedotto da alcuni architetti italiani, come Terragni, Figini e Pollini, Moretti e Libera e dalla loro capacità di astrazione.
Il Razionalismo italiano


Del resto alcune sue realizzazioni dimostrano piuttosto chiaramente questa passione.
Edifici realizzati da Carlos Ferrater


Nella Spagna "povera" sin dagli anni '80 del secolo scorso, gli architetti hanno scelto con convinzione un linguaggio architettonico astratto, direttamente legato al razionalismo e al minimalismo, in cui sono riusciti ad esaltare l'architettura con lo sfondo dei colori tipici della loro terra, in una sorta di architettura mediterranea contemporanea. 
Questa scelta "culturale" così felice, accompagnata da uno Stato efficiente e da una committenza illuminata, si è sviluppata nel tempo, creando quel fenomeno dell'architettura spagnola che ancora oggi tutti gli addetti ai lavori e non solo apprezzano e invidiano.
Nell'Italia "ricca" (oltre le sue possibilità) e industrializzata, in quegli stessi anni gli architetti, invece di proseguire sulla strada già aperta dai loro maestri, di grande fiducia nei linguaggi contemporanei, si sono inspiegabilmente bloccati e sono stati trascinati in una deriva progettuale sperimentale e intellettualistica
Influenzati dal post-moderno e dall'high-tech, hanno prodotto tutta una serie di progetti ridondanti, confusi e discutibili, apparentemente privi di legami con la tradizione e la cultura del nostro paese, che per fortuna, sono rimasti soprattutto sulla carta, creando però nella gente comune un sentimento di forte diffidenza nei confronti della figura dell'architetto e delle sue "strane" fantasie, utili più a stupire che a migliorare la qualità edilizia. 
Questa astensione e sfiducia nella professione, con progetti prima sulla carta e poi sul monitor, come se questo bastasse a definirci architetti, ha portato un ritardo piuttosto consistente nei confronti degli altri paesi europei, con i risultati che possiamo vedere facilmente nelle nostre città e più in generale nei nostri territori, disseminati di costruzioni prive di qualità, di armonia con il paesaggio e di legame con la storia.
Indubbiamente non siamo gli unici colpevoli di questa situazione, ma non possiamo sempre dare la colpa agli altri, senza renderci conto dei nostri errori, almeno per non ripeterli domani.
Per fortuna però in questi ultimissimi anni sembra che qualche cosa si stia muovendo, ci sono piccoli segnali di ripresa, probabilmente grazie ad una generazione di architetti che si è mossa dall'Italia e sta portando le esperienze fatte fuori dai confini.
Ma questa è un'altra storia da raccontare con lo spazio e l'attenzione che merita.

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