Questo era il titolo della lectio magistralis tenuta dall'architetto ticinese (svizzero) Mario Botta nella chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano.
Ha parlato della qualità della vita e delle città italiane di provincia medio-piccole, in cui è molto diretto il rapporto con la storia.
Ci sentiamo perfettamente a nostro agio quando siamo in una via o in una piazza storica italiana, perchè sono dei veri e propri territori della memoria e ci conferiscono quel senso di appartenenza al territorio (indispensabile?) per vivere in armonia con noi stessi.
A questo proposito ha detto: vivere solo la contemporaneità (come capita in alcune città dell'Asia) è un'esperienza estremamente angosciante.
Io aggiungo che questi sono dei concetti fondamentali per capire meglio il disagio che viviamo nelle città contemporanee, in cui manca questo legame con la storia e spesso anche la qualità e il senso degli edifici e degli spazi progettati.
Botta del resto non manca mai di sottolineare, ormai da molti anni (e giustamente), la bruttezza delle nostre città contemporanee, cresciute a dismisura con e senza pianificazione, ma ha evitato di ribadirlo, forse per mantenere un tono pacato, leggero e positivo.
La conclusione del ragionamento è che l'architetto può scegliere di operare sulla città in contrasto o nel suo rispetto. La tesi di Botta è quella di rispettare la città, sottoponendosi alle sue regole superiori e evitando qualsiasi atteggiamento che punti a sconvolgerne gli equilibri.
Si è passati quindi al Botta progettista, che mostra le sue opere, con ammirazione, difendendole con una grinta sempre molto signorile e dimostrandosi un grande ammaliatore.
Ormai è un pezzo di storia dell'architettura e ha incontrato sia Le Corbusier che Louis Kahn.
Certamente non è un'archistar alla moda, ma indubbiamente il suo successo professionale è notevole e oltre ad aver realizzato edifici di tutti i tipi in giro per il mondo, è riuscito a costruire abbastanza anche in Italia, cosa non molto facile negli utlimi venti o trent'anni. La cosa che mi ha sorpreso di più è stato un progetto di riqualificazione urbana di un'area industriale a Treviso piuttosto importante su cui lavora da vent'anni.
Le cose più interessanti raccontate riguardano l'edificio di Nuova Dehli e la chiesa di Torino.
Nel primo caso si è trovato a "dover" realizzare con suo grande piacere un brise-soleil in pietra, materiale che rappresentava la soluzione migliore in un paese come l'India, folle e impensabile in un'economia avanzata come la nostra.
Nella chiesa di Torino gli è stato chiesto di aggiungere qualcosa di figurativo, che però, a causa della mancanza di soldi, escludeva l'impiego di un artista e lui, da "muratore", ha realizzato un'immagine piuttosto bella, con il solo uso dei mattoni e dell'effetto della luce.
Credo siano proprio questi i due aspetti fondamentali dell'architettura di Mario Botta: l'attenzione per i materiali, in particolare il mattone, ma non solo, e la ricerca continua della luce naturale all'interno degli edifici.
A Seul è stato chiamato dal patron della Samsung per costruire insieme a Koolhaas e Nouvel.
Non sono riusciti a coordinarsi neanche per mettere i parcheggi nello stesso livello.
Tra le risate generali poi ha raccontato della telefonata con Nouvel: voleva sistemare le zone esterne di ingresso insieme a lui, ma il loro livello di ingresso era a quota meno sei...
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