Come i ricchi e i potenti hanno dato forma al mondo.
E' un libro estremamente interessante e piacevole scritto da Deyan Sudjic, critico di architettura inglese tra i più noti sulla scena internazionale, già direttore di Domus dal 2000 al 2004 e della Biennale di Venezia Next del 2002.
Uscito in versione italiana solo nel 2011, è stato pubblicato originariamente nel 2005 con il titolo di The edifice complex. How the rich and powerful shape the world.
Non è facile parlare di un libro così ricco di informazioni storiche e di fatti più o meno noti legati al mondo dell'architettura, in un arco di tempo di circa un secolo, partendo dai progetti di Hitler e Speer per arrivare fino al lavoro di Libeskind per la ricostruzione di Ground Zero. Ancora più difficile poi se pur descrivendo quasi esclusivamente edifici progettati e realizzati, in 340 pagine non si trova neppure una fotografia o un disegno. Tutto ci si aspetta da un libro di architettura, meno che di non vedere neanche una "figura" a supporto degli argomenti trattati. Già in questo l'autore dimostra la sua originalità, ma soprattutto la volontà di affrontare l'argomento da un punto di vista completamente diverso, dimostrando che gran parte delle architetture più famose ed importanti derivano molto più dalla volontà del committente, che dalle idee dell'architetto.
...Le Corbusier e Mies van der Rohe, Rem Koolhaas, Renzo Piano, Wallace Harrison, Frank Gehry non sono liberi creatori. Il loro lavoro dipende dal grado di coinvolgimento nel contesto politico mondiale...Gli Stati fortemente centralizzati , come la Francia di Mitterand, o le aperte dittature come quella dello scià in Iran, hanno esercitato il mecenatismo architettonico più dei regimi liberali, con la loro politica di benigna noncuranza. La Barcellona del periodo postfranchista e l'Olanda degli anni '90 possono essere considerate alla stregua di eccezioni atipiche, nella tradizione dei piccoli Stati che usano il linguaggio architettonico modernista per affermare la propria visibilità o per realizzare una frattura con un passato infelice...
Attraverso un ritmo molto serrato e uno stile da cronaca spesso condito da un'ironia irresistibile, l'autore ci racconta una storia dell'architettura vista dietro le quinte, attraverso una serie incredibile di episodi storici e mondani, soffermandosi più che altro sulla volontà del potente di turno e sul lavoro dell'architetto per riuscire ad ottenere l'incarico. Potrebbe sembrare una visione un po' cinica del mondo, ma è più che altro la cronaca di una serie di fatti legati all'architettura avvenuti in epoche diverse, in varie parti del mondo e con protagonisti spesso lontanissimi tra di loro, condita da considerazioni personali più o meno condivisibili. L'architettura, scrive Sudjic,
...Riflette le ambizioni, le insicurezze e le motivazioni di coloro che costruiscono, e perciò rispecchia fedelmente la natura del potere, le sue strategie, le sue consolazioni e il suo impatto proprio su coloro che ne manovrano le leve...E' difficile trovare un dittatore del XX secolo che, raggiunto il potere, non si sia impegnato in un vasto piano di costruzioni, da Hitler e Mussolini a Stalin, Mao, Saddam Hussein e Kim Il Sung...
A questo proposito è molto interessante la domanda che Sudjic si pone riguardo a Mussolini.
...A differenziare il piano di ricostruzione di Roma da quelli di Berlino o Mosca fu il fatto che Marcello Piacentini, Giuseppe Terragni e Giuseppe Pagano fossero migliori architetti, oppure che avessero lavorato per un regime lievemente meno crudele?
Trovare i nomi e le storie che riguardano i dittatori in un libro che parla di architettura e potere è piuttosto ovvio, ma lo è molto meno leggere di molti politici democratici che, grazie al lavoro di architetti che sembrano dei sognatori al servizio della comunità, spendono tempo e denaro in opere che vanno molto al di là della necessità funzionale.
...A dispetto degli sforzi compiuti da Renzo Piano e da quelli come lui, l'architettura è ancora plasmata dai potenti , non dai molti. Ma ciò non la rende in alcun modo meno significativa...
...A differenziare il piano di ricostruzione di Roma da quelli di Berlino o Mosca fu il fatto che Marcello Piacentini, Giuseppe Terragni e Giuseppe Pagano fossero migliori architetti, oppure che avessero lavorato per un regime lievemente meno crudele?
Trovare i nomi e le storie che riguardano i dittatori in un libro che parla di architettura e potere è piuttosto ovvio, ma lo è molto meno leggere di molti politici democratici che, grazie al lavoro di architetti che sembrano dei sognatori al servizio della comunità, spendono tempo e denaro in opere che vanno molto al di là della necessità funzionale.
...A dispetto degli sforzi compiuti da Renzo Piano e da quelli come lui, l'architettura è ancora plasmata dai potenti , non dai molti. Ma ciò non la rende in alcun modo meno significativa...
Nelle pagine finali non manca una critica piuttosto violenta agli eccessi architettonici degli ultimi anni e alla spettacolarizzazione della disciplina a danno della professionalità.
...Talvolta sembra che al mondo esistano solo trenta architetti, un circo volante di persone perennemente sofferenti per il cambiamento di fuso orario...
...Attraversano continuamente l'uno la strada dell'altro, prendono parte alle stesse competizioni, compaiono sul podio durante le cerimonie del Pritzker Prize e nelle giurie che scelgono i vincitori delle gare cui essi personalmente non partecipano...
...L'effetto è di trasformare l'architettura in un'attività brutalmente divisa tra la carestia e l'eccessiva abbondanza...
Parole quanto mai attuali queste, anche se scritte sette anni fa.
Non ho letto il libro, che mi sembra interessante, anche se la questione non è nuova, ma anzi risaputa. La politica, il potere e in definitiva la storia camminano sulla crosta del mondo e dunque non sorprende che vedano nell'incidervi dei segni duraturi una propria ragion d'essere.
RispondiEliminaD'altra parte ricordare che l'architettura costa molto e che per una gran parte si decide fuori di essa, è sempre utile alla salute mentale di chi se ne occupa.Specialmente di quei giovani (se ce ne sono ancora così) che escono dall'università convinti di poterla fare-l'architettura- dalle parole di una classe di docenti che normalmente non l'ha fatta mai.
La spartizione tra abbondanza e carestia è un immagine chiara che fotografa la realtà che viviamo. Mi piacerebbe che ci sforzassimo di spiegarci perchè.Domandiamocelo e cerchiamo di rispondere. Prima o poi qualcuno ci azzecca.
La domanda su Mussolini e l'architettura è stata già formulata da molti e ha avuto delle risposte. Concorrono varie cose: l'essere stato il fascismo un regime autoritario e antidemocratico, ma non realmente totalitario.
L'aver avuto Mussolini stesso una formazione in materia d'arte influenzata da gente come la Sarfatti o Marinetti e, perchè no D'Annunzio, che gli hanno impedito di scendere, nonostante gli sforzi molto al di sotto di un certo livello.
L'aver voluto il Fascismo esaltare l'italia, la sua storia, la sua tradizione artistica, e nella tradizione artistica dell'italia c'era quel po' po' di roba che sappiamo. Anche se di questi tempi, riuscendo persino a fare peggio del fascismo, tutti se la sono dimenticata.
E' chiaro che Sudjic non ha scoperto i rapporti tra architettura e politica, ma aver raccontato della mania dei potenti di esprimersi con l'architettura anche nei nostri tempi democratici è un argomento nuovo almeno per me.
RispondiEliminaDopo la parentesi della ricostruzione dell'Italia repubblicana siamo in letargo su tutta la linea e il divario tra abbondanza e carestia è sempre più netto.
Potremmo cercare di essere la terza eccezione dopo "La Barcellona del periodo postfranchista e l'Olanda degli anni '90", lavorando però solo sul territorio urbanizzato, quindi riciclando quello che abbiamo. Niente gres porcellanato cinese però...
Seguendo il ragionamento, la questione dal lato degli architetti, il mestiere/l'arte potrebbe essere vista come una ricerca del potere. L'architettura e l'architetto sono alla ricerca del potere, e l'architettura è solo un mezzo. Purtroppo molti architetti evidentemente anche inconsciamente vedono così il proprio mestiere, e sono frustrati per forza di cose..
RispondiEliminaIn questi anni è difficile individuare un potere forte che voglia essere rappresentato dall'architettura, soprattutto nel nostro Paese... Infatti andiamo a cercare l'architettura buona nelle piccole realizzazioni, in provincia, fuori dalla cassa di risonanza dei media, dove comunque il livello della committenza sia ancora elevato, ma di potenza relativa.
Ragionamento perfettamente condivisibile. Evidentemente il nostro "livello" di democrazia funziona solo nell'impedire l'autorappresentazione dei poteri forti economici e politici, ma lascia campo libero ai clientelismi più infimi e al potere di ricatto dell'amministrazione locale. Assistiamo quindi a sollevazioni popolari contro il grattacielo dell'impero finanziario o l'infrastruttura di rilievo europeo, ma poi c'è silenzio assordante sull'indecente costruzione pubblica di livello comunale di cui il nostro paese si riempie da decenni. Speriamo che prima o poi qualcuno capisca il gioco suicida di questa politica...
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