5 marzo 2014

ritorno alla città

... È corsa infatti in questi ultimi anni questa bizzarra teoria, non solo a Firenze ma anche a Milano o a Roma, che debbano essere gli imprenditori edilizi a progettare i nuovi quartieri della città, un compito invece da mille anni tra quelli fondamentali dell’amministrazione pubblica, orgogliosa manifestazione della civitas... 
Sono stato per dieci anni il direttore della rivista ‘Urbanistica’, sono stato per cinque o sei anni direttore del dipartimento di Urbanistica della Facoltà di Architettura di Venezia, ho tenuto ovviamente in tutto questo periodo un corso di“urbanistica”. Ma, quando avevo quasi cinquant’anni, mi sono chiesto se tutte le cose che insegnavo, sostanzialmente tutte le regole disciplinari che la maggior parte di voi ha studiato in tutte le facoltà italiane, fossero vere...
Il nocciolo della riflessione che sono stato costretto a fare venticinque anni fa è che voi non potete progettare una città soddisfacendo solo delle sue funzioni immediate, perché le funzioni dureranno meno dei suoi muri: la consistenza materiale di una città durerà molto più a lungo di qualsiasi funzione per la quale l’abbiate progettata, sicché, dopo un po’, decadrà e diventerà un campo di rovine, di manufatti cioè privi del loro scopo originario...

Marco Romano: COME PROGETTARE UNA CITTÀ: TEORIA E PRATICA 
(intervento al convegno RITORNO ALLA CITTÀ - Rigenerazione urbana nelle città storiche ed europee: ipotesi a confronto,  Firenze Palazzo vecchio – settembre 2009)

Veduta zenitale del centro di Firenze (google maps)

Era già da un po' che sentivo il bisogno di ritornare sul post Centralità Bufalotta scritto alcuni mesi fa, soprattutto per aggiungere altre considerazioni che, sbagliando, avevo ritenuto scontate e sottintese e dopo aver letto le parole di Marco Romano mi riesce molto più facile farlo. 
Il mio intento era quello di puntare i riflettori su un quartiere contemporaneo, realizzato attraverso un progetto urbanistico unitario e coerentemente con le scelte di PRG, per capire che città stiamo sviluppando oggi, cercando di smarcarsi dai soliti luoghi comuni tipici dell'urbanistica italiana: speculazione edilizia e abusivismo

Avevo poi evidenziato come alcuni interventi architettonici mi sembrassero interessanti e di qualità certamente superiore alla media, ma non lo avevo fatto certo con l'intenzione di promuovere ed elogiare il quartiere della Bufalotta/Porta di Roma e della sua impostazione urbanistica, ma al contrario di dimostrare come, se un impianto urbanistico non è in grado di prefigurare una qualche idea di città, sia da considerare scorretto e da rivedere. 

Veduta zenitale della Bufalotta (google maps)

Anche nel regno del "demonio", tra una selva di palazzine indigeste, spesso degni prodotti delle nostre facoltà e della confusione culturale che domina la scena architettonica romana (e non solo) contemporanea ancor più che della speculazione edilizia, e con un disegno urbano abbastanza incomprensibile e discutibile, si possono trovare spunti interessanti e architetture forse in linea con le ricerche contemporanee europee.
Le considerazioni scaturite naturalmente sono state un paio:
- la prima che non è vero che la città è brutta perché è abusiva o almeno questo non è l’unico motivo, e il mio non è un elogio della città spontanea, ma una critica a chi da anni ci vuole far credere questo per giustificare una politica e una pratica urbanistica ed edilizia fallimentari;
- la seconda è che alcuni architetti bravi non fanno un bel quartiere, se non esiste un disegno complessivo ben studiato e capace di creare un sistema urbano degno di questo nome.

 

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