... È corsa infatti in questi ultimi anni questa bizzarra teoria,
non solo a Firenze ma anche a Milano o a Roma, che debbano essere gli imprenditori edilizi a progettare i nuovi quartieri
della città, un compito invece da mille anni tra quelli fondamentali dell’amministrazione
pubblica, orgogliosa manifestazione della civitas...
Sono stato per dieci anni il direttore
della rivista ‘Urbanistica’, sono stato per cinque o sei anni direttore del
dipartimento di Urbanistica della Facoltà di Architettura di Venezia, ho tenuto
ovviamente in tutto questo periodo un corso di“urbanistica”. Ma, quando avevo quasi cinquant’anni, mi sono chiesto se tutte le cose che insegnavo, sostanzialmente tutte le
regole disciplinari che la maggior parte di voi ha
studiato in tutte le facoltà italiane, fossero vere...
Il nocciolo della riflessione che sono stato
costretto a fare venticinque anni fa è
che voi non potete progettare una città soddisfacendo solo delle sue funzioni
immediate, perché le funzioni dureranno meno dei suoi muri: la consistenza
materiale di una città durerà molto più a lungo di
qualsiasi funzione per la quale l’abbiate progettata,
sicché, dopo un po’, decadrà e diventerà un campo di rovine, di manufatti cioè
privi del loro scopo originario...
Marco Romano:
COME PROGETTARE UNA CITTÀ: TEORIA E PRATICA
(intervento al convegno RITORNO ALLA CITTÀ - Rigenerazione urbana nelle città storiche ed europee: ipotesi a
confronto, Firenze Palazzo vecchio – settembre 2009)
Veduta zenitale del centro di Firenze (google maps) |
Era già da un po' che sentivo il bisogno di ritornare sul post Centralità Bufalotta scritto alcuni mesi fa, soprattutto per aggiungere altre considerazioni che, sbagliando, avevo ritenuto scontate e sottintese e dopo aver letto le parole di Marco Romano mi riesce molto più facile farlo.
Il mio intento era quello di puntare i riflettori su
un quartiere contemporaneo, realizzato attraverso un progetto
urbanistico unitario e coerentemente con le scelte di PRG, per capire
che città stiamo sviluppando oggi, cercando di
smarcarsi dai soliti luoghi comuni tipici dell'urbanistica italiana: speculazione edilizia e abusivismo.
Avevo poi evidenziato come alcuni interventi architettonici mi sembrassero interessanti e di qualità certamente superiore alla media, ma non lo avevo fatto certo con l'intenzione di promuovere ed elogiare il quartiere della Bufalotta/Porta di Roma e della sua impostazione urbanistica, ma al contrario di dimostrare come, se un impianto urbanistico non è in grado di prefigurare una qualche idea di città, sia da considerare scorretto e da rivedere.
Veduta zenitale della Bufalotta (google maps) |
Anche nel regno del "demonio", tra una selva di palazzine indigeste, spesso degni prodotti delle nostre facoltà e della confusione
culturale che domina la scena architettonica romana (e non solo) contemporanea ancor più che della speculazione edilizia, e con un disegno urbano abbastanza
incomprensibile e discutibile, si possono trovare spunti interessanti e
architetture forse in linea con le ricerche contemporanee europee.
Le considerazioni scaturite naturalmente sono state un paio:
- la prima che non è vero che la città è brutta perché è abusiva o almeno questo non è l’unico
motivo, e il mio non è un elogio della città spontanea, ma una critica a chi da anni ci
vuole far credere questo per giustificare una politica e una pratica
urbanistica ed edilizia fallimentari;
- la seconda è che alcuni architetti bravi non fanno un bel quartiere, se non esiste un disegno
complessivo ben studiato e capace di creare un sistema urbano degno di questo
nome.
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