Questo post fa parte in qualche modo di quella serie in cui ho analizzato in maniera più o meno apporofondita testi che in vario modo ritengo fondamentali per la comprensione dell'architettura, a partire dal suo significato.
In realtà approfondire il significato "filosofico" dell'architettura, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, aiuta a capirla e poi anche a realizzarla meglio.
Qui ho "letto" Genius loci di Christian Norberg-Schulz, pubblicato nel lontano 1979, anzi in realtà solo la prefazione, perchè è talmente densa di significati importanti, che mi sono dovuto limitare alla sua analisi per concentrare meglio l'attenzione. In questo caso infatti, come in molti altri, l'obiettivo della ricerca è già gran parte della ricerca, cioè la domanda e le domande sono quasi più importanti delle risposte.
Avevo già pubblicato separatamente molte parti sulla pagina facebook omonima di questo blog, ma non mi sembrava sufficiente e volevo fissarli meglio e ampliare l'analisi.
Dopo aver dichiarato come il libro sia una continuazione delle ricerche precedenti, a loro volta diventate libri - Intenzioni in architettura del 1963 e Esistenza, spazio e architettura del 1971 - Norberg_Schulz passa direttamente all'obiettivo del libro:
le implicazioni psichiche dell'architettura.
Avendo infatti già riconosciuto i limiti dell'approccio funzionalista, affermava in Intenzioni in Architettura che l'individuo ha bisogno di simboli
e di esperienza significativa
Abitare il genius loci
Quindi si ritorna a parlare più diffusamente dell'obiettivo dell'opera:
architetti moderni e dimensione esistenziale
Poi cita il solito Le Corbusier, anche se il vero "filosofo" del Movimento Moderno è stato senza dubbio Mies Van der Rohe, il cui limite di non aver pubblicato libri o manifesti e, come scrive Jean-Louis Cohen, di aver sempre provato grandissima difficoltà a scrivere testi che superassero la mezza pagina, ha limitato a lungo la conoscenza del suo pensiero.
Kahn e la dimensione esistenziale
dimensione esistenziale e luogo
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