Dal Corriere di oggi, un interessante e illuminante articolo di Dario Di Vico (bravo!!!!) sull'Ikea, che dice molto sulla società e sull'economia italiana e quindi sugli stessi italiani, spesso geniali, ma molte volte anche così ottusi, poco lungimiranti e (irrimediabilmente?) malati di campanilismo, particolarismo e individualismo.
Estraggo le parti salienti:
...I produttori di mobili del Nord est in una prima fase erano
rimasti anche loro tremebondi davanti all'avanzata svedese, ora invece
fanno a gara per essere fornitori della multinazionale...
...Se c'era un sistema Paese che avrebbe dovuto dotarsi di una catena
commerciale capace di attirare nei propri saloni consumatori di tutti i
target questo è sicuramente il nostro. Siccome non abbiamo una
sufficiente cultura della vendita retail abbiamo preso un ceffone dagli
svedesi, poi un altro dai francesi (Decathlon/articoli sportivi) e un
altro ancora dagli spagnoli (Zara/abbigliamento). E speriamo di fermarci
qui...
...I piani dell'Ikea per l'Italia sono ambiziosi: investimenti per 700 milioni e una dozzina di nuove aperture in una congiuntura in cui i posti di lavoro valgono oro...
...Se i designer di grido raccontano come gli scandinavi siano dei gran copioni, bravi solo a sguinzagliare in giro per il mondo i propri trendsetter per
cercare nuove idee da replicare, la multinazionale dell'arredamento
aggiorna continuamente la sua immagine di responsabilità sociale e
modernità...
Come dire, l'importante è copiare le cose giuste, ma essere poi in grado di svilupparle e soprattutto di inserirle nel contesto adatto. Ikea è stata sicuramente brava a farlo, creando un marchio di successo, che però riesce ad essere sinonimo di cultura positiva del lavoro.
Vorrei vedere molte aziende italiane seguire questo stesso "stile". Ma dove sono?
Se è così facile, basta essere dei copioni e gli svedesi non valgono molto, forse noi valiamo ancora di meno, perchè, a giudicare dai risultati, non siamo stati in grado di farlo.
Se è così facile, basta essere dei copioni e gli svedesi non valgono molto, forse noi valiamo ancora di meno, perchè, a giudicare dai risultati, non siamo stati in grado di farlo.
A volte certe critiche sembrano proprio dettate dall'invidia...
Avevo affrontato una parte di questi temi nel mio post intitolato architettura e società:
Di Vico lo ha fatto alla luce di notizie piuttosto tristi, che restituiscono l'immagine di un Paese che, non contento della crisi e dei propri errori, continua a ripeterli in un delirio di miopia, nonostante la scossa positiva del governo Monti...
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