La provocazione
sugli architetti "servi del potere", lanciata da Daniel Libeskind, che si
è scagliato contro i colleghi che lavorano per i «nuovi dittatori» è
rimbalzata tempo fa sulle pagine del corriere con l'articolo Servire
il potere, lite tra archistar.
[…] Primi fra tutti quelli
che stanno realizzando grandiosi progetti in Cina, come Rem Koolhaas (China
Central Television)... Oltre a Koolhaas gli strali di Libeskind sarebbero
contro Herzog & de Meuron (Stadio nazionale) e gli italiani Massimiliano
Fuksas (per l'aeroporto di Shenzen) e Vittorio Gregotti (per la new town di
Jiangwan).[…]
[…] Aggiunge
Gregotti: «Se c'è un esempio di rispecchiamento del potere è proprio quello di
Libeskind. Tutti i suoi progetti sono espressioni al servizio del potere
finanziario, esempi di adesione al potere, sono come architettura stalinista.
Il mio intervento in Cina non è al servizio del grande dittatore, ma dello
scongelamento della Cina.[…]
[…]
Si tratta di un discorso pericoloso quello tra architettura e potere e si
tratta di architetture che, spesso, non reggono ai tempi. Lo ricorda lo storico
Francesco Dal Co a proposito delle opere bulgare di Georgi Stoilov, che
celebravano il regime. La Casa del partito sul monte Buzludja, una sorta di
pantheon, «è completamente abbandonata. Rapidamente il tempo ha provveduto a
trasformare in una rovina questa costruzione così pretenziosamente e
insensatamente moderna».[…]
Sembra
un po' sterile la gara tra questi famosi e ricchi architetti per dimostrare chi
ha i committenti migliori o forse meno discutibili.
Cercare poi, come
hanno fatto alcuni di loro, di accomunare degli imprenditori, anche
se molto speculatori e senza scrupoli, con dei tiranni o dei regimi
autoritari al limite della dittatura, mi sembra un esercizio di
equilibrismo incredibile, che forse sarebbe meglio evitare.
Il passo successivo
potrebbe essere quello di analizzare la connotazione politica del tiranno, ma
la storia ha dimostrato che, anche nella loro diversità, i tiranni sono tutti
tiranni.
Avevo scritto tempo fa del bel libro di Sudjic architettura e potere, sul tema della committenza in architettura, argomento talmente importante, oggi più che mai con il mercato che si sta allargando sempre di più a "nuovi mondi", da essere sempre di attualità.
Sarebbe
meraviglioso riuscire ad avere abbastanza lavoro da poter scegliere i committenti,
ma mi sembra difficile visto che probabilmente oggi, in tempi di crisi globale,
non se lo possono permettere neppure le star dell'architettura.
Cerchiamo di non dimenticarci però che quello dell'architetto dovrebbe essere un mestiere, naturalmente da svolgere sempre nel rispetto delle leggi e della deontologia professionale, non un impegno politico o morale.
Se l'architetto nel
corso del tempo si fosse fatto carico anche di questi problemi, oggi
probabilmente ci potremmo scordare gran parte del patrimonio architettonico
mondiale e non avremmo conosciuto le opere di molti grandi architetti della
storia, che oggi ammiriamo e studiamo, senza farci grandi domande sull'etica dei
loro committenti.
Io quindi cercherei
di riservare le energie per fare il proprio lavoro nella maniera
migliore e lasciare a storici e sociologi analisi di questo tipo.
Carlo Scarpa un giorno disse "cerco un faraone che mi faccia costruire una piramide"...
RispondiEliminasaluti!
cristiano
Carlo Scarpa aveva capito tutto
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