English text below
Cities for people è il titolo del libro scritto nel 2010 da Jan Gehl, architetto, professore e ricercatore danese, partner e fondatore dello studio Gehl Architects.
Questa è la missione dello studio:
Ci concentriamo su come l'ambiente costruito si collega alla qualità della vita delle persone.
Richard Rogers nella prefazione al libro scrive:
Cities for people è il titolo del libro scritto nel 2010 da Jan Gehl, architetto, professore e ricercatore danese, partner e fondatore dello studio Gehl Architects.
Questa è la missione dello studio:
Ci concentriamo su come l'ambiente costruito si collega alla qualità della vita delle persone.
Richard Rogers nella prefazione al libro scrive:
Jan Gehl, il decano del progetto
dello spazio pubblico, ha una profonda comprensione di come noi usiamo
gli spazi pubblici e ci offre gli strumenti di cui abbiamo bisogno per
migliorare il disegno degli spazi pubblici e, come conseguenza, la
qualità delle nostre vite nelle città.
Uso il titolo inglese perchè in inglese è la versione che ho acquistato e poi letto, visto che il libro, tradotto già in moltissime lingue, non è disponibile in italiano (mi piacerebbe molto tradurlo!).
In realtà leggendo la storia dell'autore e il libro, non ci si può meravigliare più di tanto.
L'Italia è una presenza costante, come riferimento per gli ambienti di vita più preziosi, quelli a misura d'uomo in cui le persone vivono a loro agio, le nostre piazze e i nostri centri storici (la piazza di Siena e il centro storico di Venezia i più citati e fotografati), un patrimonio che tutto il mondo visita, ammira e continua a studiare, forse oggi ancora più di ieri.
Non è un caso che nel 1965 Gehl, all'inizio della sua carriera, abbia viaggiato in Italia insieme alla moglie psicologa per osservare i rapporti tra la vita delle persone e lo spazio pubblico, soprattutto per cercare quegli esempi positivi che mancavano del tutto alle periferie che stavano nascendo in quegli anni in Danimarca. In realtà sono nate anche in Italia in quegli anni e dopo.
Jan Gehl in Italia nel 1965 - Foto da Gehl Architects |
Come potrebbe quindi un architetto danese venirci a dire, intendo pubblicando il libro in italiano, che le nostre piazze sono luoghi di vita meravigliosi? Dovremmo essere in grado di vederlo da soli, passeggiandoci meglio che vedendo le foto su un libro, se non fossimo così occupati a inseguire il sogno americano fatto di villette, centri commerciali e file in auto interminabili (dopo aver abbandonato l'ideale socialista delle periferie tutte uguali). Quel sogno (non parlo di economia ma di urbanistica) che gli americani, almeno quelli delle nuove generazioni, non vogliono più e infatti oggi cercano l'Italia e l'Europa, nel senso della città compatta che non hanno. Allora continuano a nascere iniziative per accrescere le aree pedonali nelle città, misurate costantemente da siti specializzati e placemakers che si occupano dell'analisi, del racconto e della riqualificazione dello spazio urbano per restituirlo alla vita dei cittadini.
Il libro è molto bello, illuminante, soprattutto lontano nei principi e nel metodo da quei noiosissimi "trattati" urbanistici ingessati e inutilmente tecnici, in cui si parla di densità abitativa paragonando la Garbatella al Corviale (!?), così come da quei saggi così "alternativi" e moderni (o assolutamente moderni nel senso perfettamente descritto da Kundera).
Jan Gehl ci racconta il suo lavoro sullo spazio urbano, ci mostra gli esempi del passato da cui partire, quelli del presente riusciti e le possibilità per il futuro delle città, con particolare riferimento a quelle in via di sviluppo in cui sarebbe fondamentale non ricadere in tutti gli errori compiuti nelle aree di espansione delle metropoli europee e americane. (Ho paura che stiano facendo le cose molto, ma molto peggio di noi...)
Già solo la lettura dei titoli dei capitoli in cui è strutturato il libro
- La dimensione umana
- Percezioni e scala
- La città vivibile, sicura, sostenibile e salutare
- La città ad altezza d'uomo
- Vita, spazio, edifici, in questo ordine
- Città in via di sviluppo
fa capire chiaramente che si tratta di una specie di manuale per il progetto della città e dei suoi spazi pubblici, pieno di informazioni, esempi, foto, schemi, tabelle, già sufficienti a comprendere immediatamente i problemi delle nostre città e le loro cause.
L'elemento più evidente è la perdita di spazio utile alla vita cittadina, ceduto col tempo alle auto in movimento e in sosta nelle parti già esistenti e concepito in maniera sbagliata in quelle realizzate in epoca moderna, soprattutto a partire dalla seconda metà del XX secolo.
Si passa da considerazioni fondamentali sulle distanze percorribili a piedi, a quelle sulla percezione visiva perduta in spazi urbani sconfinati, così come in quartieri con edifici troppo alti o troppo lunghi e dotati di piani terra privi di interesse e varietà.
Gehl definisce la Sindrome di Brasilia , dalla famosa capitale amministrativa del Brasile costruita dal nulla negli anni cinquanta su progetto di Lucio Costa, architetto molto vicino a Le Corbusier, come l'esempio emblematico e disastroso, dal punto di vista della vita cittadina, di una progettazione condotta solo a scala generale, per aree funzionali ed edifici simbolici e scultorei, senza capire il senso e la scala degli spazi cittadini che si sarebbero creati, quelli in cui le persone spariscono inghiottite da spazi dimensionati in maniera del tutto sbagliata. Non è necessario andare a Brasilia per vedere questo tipo di errori.
Città come Copenhagen, Melbourne, San Francisco e New York hanno promosso negli anni più recenti molti interventi per favorire la vita cittadina, restituendo alla città e ai suoi abitanti spazi che avevano perduto soprattutto a favore delle auto.
L'Embarcadero di San Francisco, chiuso al traffico nel 1989 a causa del terremoto, è rimasto anche dopo l'emergenza un grande spazio pubblico amato e frequentato dai cittadini.
A Roma in scala molto più piccola potrebbe accadere a Via Urbana, dove un comitato di commercianti e residenti chiede con insistenza la pedonalizzazione (incredibile!) dopo aver sperimentato felicemente la chiusura al traffico a causa di lavori stradali.
New York già dal 2007 sta attuando una politica urbana per la pedonalizzazione e la ciclabilità e il risultato più clamoroso è la parziale pedonalizzazione di Times Square, quello snodo di traffico incredibile, scena privilegiata di moltissimi film.
Su Copenhagen e sul fatto che è diventata praticamente una città di ciclisti sappiamo già molto, anche perchè la cultura della bici esiste già da molti anni.
A Brighton Gehl architects ha progettato una strada in cui circolano tutti, ma al passo dei pedoni e questo ha trasformato una strada carrabile poco frequentata in una passeggiata piena di vita.
Non sfuggirà a nessuno il fatto che non si parla di pedonalizzare tutto per eliminare le auto e tornare alla vita di un tempo remoto, ma di migliorare lo spazio cittadino con benefici anche economici, visto che le città in questione sono tutte economicamente floride.
Si potrebbe pensare che noi in Italia non abbiamo bisogno di queste istruzioni, le conosciamo perchè viviamo certi luoghi ed è verissimo, perchè sono quelli citati e fotografati sul libro, ma credo che le nostre vite si stiano lentamente trasformando. Le comodità della vita contemporanea, come l'auto sotto casa e il centro commerciale dove acquistare o solo passeggiare al riparo da pioggia, caldo e pericoli, se non gestite bene, rischiano di farci perdere il senso della città, quella città che, come dicono molti e forse ci conferma anche questo libro, abbiamo inventato noi, ma che oggi non capiamo più e spesso subiamo invece di vivere.
Cities for people is a book written in 2010 by Jan Gehl, danish architect, professor and researcher, Founding Partner of Gehl Architects. Here the mission of the office: We focus on how the built environment connects to people’s quality of life.
Richard Rogers in the foreword: Jan Gehl, the doyen of public-space design, has a deep under standing of how we use the public domain and offer us the tools we need to improve the design of public spaces and, as a consequence, the quality of our lives in the cities.
I use the english title because the version that I purchased and read is in english. The book, already translated into many languages, is not available in Italian (I would love to translate it!).
Times Square New York before and after - Gehl Architects |
Jan Gehl ci racconta il suo lavoro sullo spazio urbano, ci mostra gli esempi del passato da cui partire, quelli del presente riusciti e le possibilità per il futuro delle città, con particolare riferimento a quelle in via di sviluppo in cui sarebbe fondamentale non ricadere in tutti gli errori compiuti nelle aree di espansione delle metropoli europee e americane. (Ho paura che stiano facendo le cose molto, ma molto peggio di noi...)
Già solo la lettura dei titoli dei capitoli in cui è strutturato il libro
- La dimensione umana
- Percezioni e scala
- La città vivibile, sicura, sostenibile e salutare
- La città ad altezza d'uomo
- Vita, spazio, edifici, in questo ordine
- Città in via di sviluppo
fa capire chiaramente che si tratta di una specie di manuale per il progetto della città e dei suoi spazi pubblici, pieno di informazioni, esempi, foto, schemi, tabelle, già sufficienti a comprendere immediatamente i problemi delle nostre città e le loro cause.
L'elemento più evidente è la perdita di spazio utile alla vita cittadina, ceduto col tempo alle auto in movimento e in sosta nelle parti già esistenti e concepito in maniera sbagliata in quelle realizzate in epoca moderna, soprattutto a partire dalla seconda metà del XX secolo.
Si passa da considerazioni fondamentali sulle distanze percorribili a piedi, a quelle sulla percezione visiva perduta in spazi urbani sconfinati, così come in quartieri con edifici troppo alti o troppo lunghi e dotati di piani terra privi di interesse e varietà.
Gehl definisce la Sindrome di Brasilia , dalla famosa capitale amministrativa del Brasile costruita dal nulla negli anni cinquanta su progetto di Lucio Costa, architetto molto vicino a Le Corbusier, come l'esempio emblematico e disastroso, dal punto di vista della vita cittadina, di una progettazione condotta solo a scala generale, per aree funzionali ed edifici simbolici e scultorei, senza capire il senso e la scala degli spazi cittadini che si sarebbero creati, quelli in cui le persone spariscono inghiottite da spazi dimensionati in maniera del tutto sbagliata. Non è necessario andare a Brasilia per vedere questo tipo di errori.
Herald Square New York before and after - Gehl Architects |
L'Embarcadero di San Francisco, chiuso al traffico nel 1989 a causa del terremoto, è rimasto anche dopo l'emergenza un grande spazio pubblico amato e frequentato dai cittadini.
A Roma in scala molto più piccola potrebbe accadere a Via Urbana, dove un comitato di commercianti e residenti chiede con insistenza la pedonalizzazione (incredibile!) dopo aver sperimentato felicemente la chiusura al traffico a causa di lavori stradali.
New York già dal 2007 sta attuando una politica urbana per la pedonalizzazione e la ciclabilità e il risultato più clamoroso è la parziale pedonalizzazione di Times Square, quello snodo di traffico incredibile, scena privilegiata di moltissimi film.
Su Copenhagen e sul fatto che è diventata praticamente una città di ciclisti sappiamo già molto, anche perchè la cultura della bici esiste già da molti anni.
A Brighton Gehl architects ha progettato una strada in cui circolano tutti, ma al passo dei pedoni e questo ha trasformato una strada carrabile poco frequentata in una passeggiata piena di vita.
Brighton New Road - Gehl Architects |
Non sfuggirà a nessuno il fatto che non si parla di pedonalizzare tutto per eliminare le auto e tornare alla vita di un tempo remoto, ma di migliorare lo spazio cittadino con benefici anche economici, visto che le città in questione sono tutte economicamente floride.
Si potrebbe pensare che noi in Italia non abbiamo bisogno di queste istruzioni, le conosciamo perchè viviamo certi luoghi ed è verissimo, perchè sono quelli citati e fotografati sul libro, ma credo che le nostre vite si stiano lentamente trasformando. Le comodità della vita contemporanea, come l'auto sotto casa e il centro commerciale dove acquistare o solo passeggiare al riparo da pioggia, caldo e pericoli, se non gestite bene, rischiano di farci perdere il senso della città, quella città che, come dicono molti e forse ci conferma anche questo libro, abbiamo inventato noi, ma che oggi non capiamo più e spesso subiamo invece di vivere.
Cities for people is a book written in 2010 by Jan Gehl, danish architect, professor and researcher, Founding Partner of Gehl Architects. Here the mission of the office: We focus on how the built environment connects to people’s quality of life.
Richard Rogers in the foreword: Jan Gehl, the doyen of public-space design, has a deep under standing of how we use the public domain and offer us the tools we need to improve the design of public spaces and, as a consequence, the quality of our lives in the cities.
I use the english title because the version that I purchased and read is in english. The book, already translated into many languages, is not available in Italian (I would love to translate it!).
Actually reading
the story of the author and the book, you shouldn’t be too much surprised.
Italy is a constant presence, as a reference for environments of life very precious, those on a human scale in which people live at ease. Our squares and our town centers - the square of Siena and the historic center of Venice are the most cited and photographed in the book – are a heritage that the whole world visits, admires, and continues to study, if it’s possible today more than yesterday.
Italy is a constant presence, as a reference for environments of life very precious, those on a human scale in which people live at ease. Our squares and our town centers - the square of Siena and the historic center of Venice are the most cited and photographed in the book – are a heritage that the whole world visits, admires, and continues to study, if it’s possible today more than yesterday.
It is no
coincidence that in 1965 Gehl,
early in his career, had traveled to
Italy with his wife psychologist
to observe the relationship between people's lives and
public space, especially to look for those positive examples that were missing entirely to the suburbs which were born in those years in
Denmark. Actually they were born
in Italy in those years and as well after.
How then a
Danish architect could come and tell us -, I mean by publishing
the book in Italian - that our streets are
wonderful places to live? We should be able to see it by ourselves, walking there better than seeing photos on a book, if we were not so busy chasing the
American dream made of small houses,
shopping centers and car endless lines,
after having abandoned the
socialist ideal of the suburbs so different but
so identical. The dream - I’m not not talking about economics but
of urban planning - that Americans, at least those of the younger generations, do
not want anymore and in fact today they seek Italy and Europe, in the sense of the
compact city they don’t have. Then continue to emerge initiatives to increase pedestrian
areas in the city, constantly measured by specialized sites and placemakers involved
in analysis, storytelling and redevelopment of urban space to return it to citizens
life.
The book is beautiful, illuminating, especially away in the principles and the method from those boring "treated" of urban planning restricted and unnecessarily technical, where someone talk about population density comparing Garbatella with Corviale (!?), as well as from those essays so "alternative" and modern (or assolutamente moderni in the sense so well described by Kundera).
The book is beautiful, illuminating, especially away in the principles and the method from those boring "treated" of urban planning restricted and unnecessarily technical, where someone talk about population density comparing Garbatella with Corviale (!?), as well as from those essays so "alternative" and modern (or assolutamente moderni in the sense so well described by Kundera).
Jan Gehl tells us about his work on urban space, shows us examples of
the past from which we should start, the succesful
ones of the present and the
possibilities for the future of
the cities, expecially of those
in the developing world where it would be important not to fall into all
the mistakes made in the areas of
expansion of the European
and American metropolis. (I’m afraid they’re
doing things much, much worst than us…)
Even just reading the titles of the chapters:
- The human dimension
- Senses and scale
- Senses and scale
- The lively, safe, sustainable, and healty city
- The city at eye level
- Life, space, buildings – in that order
- Developing cities
makes it clear
that it is a sort of manual for the project of the city and its public
spaces, full of information, examples, photos, diagrams, tables, already
sufficient to immediately understand the problems of our cities and
their causes.
The most
obvious problem is the loss of useful space to urban life, given
with time to moving and parked cars in the existing parts and designed so wrong
in those realized in the modern era, especially in the second half of the
twentieth century. You can read from fundamental considerations on walking distances,
to those on visual perception lost in endless urban spaces, as well as in
neighborhoods with buildings too high or too long, with ground floors without
interest and variety. Gehl defines the Brasilia Syndrome, the famous
administrative capital of Brazil built from nothing in the fifties and designed
by Lucio Costa, very close to the architect Le Corbusier, as the
emblematic example, and disastrous from the point of view of city life, of a
design conducted only in a general scale, by functional areas and symbolic and
sculptural buildings, without understanding the meaning and the scale of city
spaces that would be created, those in which people disappear swallowed by
spaces dimensioned in a totally wrong way. It is not necessary to go to
Brasilia to see this kind of errors.
Cities such as
Copenhagen, Melbourne, San Francisco and New York
have promoted in recent years many interventions to encourage city life,
returning to the city and to its inhabitants spaces they had lost especially in
favor of the cars.
The Embarcadero in San Francisco, closed to
traffic in 1989 due to the earthquake, remained even after the emergency a
large public space loved and frequented by citizens.
In Rome in much smaller scale it could happen in Via
Urbana, where a committee of traders and residents persistently asks the pedestrianization
(amazing!) after having happily experienced the closure to traffic due to
roadworks.
New York since
2007 is implementing an urban policy for pedestrianization and cycling,
and the most striking result is the partial pedestrianization of Times
Square, the hub of unbelievable traffic, privileged scene of so many films.
About
Copenhagen and the fact that it has become practically a city of cyclists
we already know a lot, also because the culture of the bike has been around for
many years.
In Brighton
Gehl Architects has designed a street where everyone circulate, but at the pace
of pedestrians and the project has transformed the little-used driveway in a
walk full of life.
Will not
escape to anyone that it is not about pedestrianize everything to
eliminate the cars and return to the life of long ago, but to improve the city
space with benefits including economics, since the cities in question
are all economically prosperous.
You might think that in Italy we do not need these instructions,
we already know them because we live certain places and is very true, because
they are the ones mentioned and pictured on the book, but I think that our
lives are slowly transforming. The comforts of contemporary life, as the
car below the house and the mall where to buy or just walking away from rain,
heat and danger, if not managed well, could make us lose the sense of
the city, the city that, as many people say and perhaps also this book
confirms, we have invented, but today we do not understand it and more
often suffer instead of living.
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