Sarebbe sbagliato però pensare all’architettura come a qualcosa di isolato, che interessa solo gli addetti ai lavori, perché in realtà è una disciplina che, per sua natura, è talmente legata alla società e alla sua struttura economica, da esserne a mio avviso uno specchio perfetto.
In effetti soprattutto negli ultimi decenni, noi italiani, nonostante le nostre evidenti capacità e l’indiscussa levatura culturale, abbiamo paura di puntare sul futuro e quindi su noi stessi.
Di conseguenza quando abbiamo bisogno di un’opera scintillante da far andare in copertina chiamiamo qualche architetto o urbanista di grido, quasi sempre straniero.
Se poi si fa un concorso internazionale di progettazione con procedure ristrette in base a curriculum e fatturato, ricadiamo nella stessa situazione.
Ma se ci pensate bene anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni abbiamo subito una vera e propria colonizzazione economica, arrendendoci di fatto all’effetto globalizzazione, senza la capacità di partecipare. Certo siamo molto contenti di vendere le Ferrari ai ricconi in giro per il mondo, però se vogliamo fare la spesa andiamo dai francesi, per il bricolage di nuovo dai francesi, per lo sport ancora dai francesi, per l’arredo della casa (quello contemporaneo che possiamo pagare…) dagli svedesi, per l’abbigliamento da spagnoli e svedesi (e questo è il colmo!), per non parlare degli articoli di elettronica, distribuiti da grandi catene francesi e tedesche e prodotti da marchi internazionali, settore in cui l’Italia sembra del tutto assente, anche se poi scopriamo che siamo dei campioni nelle nanotecnologie.
Si, ma la visibilità internazionale dov’è?
Dobbiamo ricominciare a sognare, a credere veramente in noi stessi e ad investire nelle nostre grandi capacità, ma tutti i giorni e in tutti i settori dell'economia, non solo nelle grandi occasioni e nelle situazioni di emergenza!!
Non abbiamo altra scelta.